Le cure palliative

Notizie dal 20.06.2017

Le cure palliative

Durante il mese di maggio ha avuto luogo nella RpA una formazione per il personale all‘assistenza con il seguente contenuto: “Valutazione e trattamento del dolore”. Dott. Bernardo, il relatore, lavora come geriatra nell’ospedale di Bolzano e si occupa da 10 anni delle cura palliative. In breve il contenuto della relazione:

Le cure palliative sono una cura a 360°, fra queste cure c‘è anche la terapia antidolorifica, che è molto difficile. Anzitutto bisogna fare una giusta diagnosi, perchè il dolore va diagnosticato, intuito e curato. L’infermiere ha un ruolo centrale nell’informazione del medico e nel trattamento del dolore. Tutti gli operatori hanno l’obbligo di riportare la rivelazione del dolore all’interno della cartella clinica. La legge 38 del 15 marzo 2010 garantisce ad ogni cittadino l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.

La trasmissione dello stimolo doloroso al cervello avviene tramite il midollo spinale. Il dolore nocicettivo è quello che conosciamo a causa di una caduta, di una scottatura, ecc. Il dolore neuropatico invece non nasce dalla stimolazione dei ricettivi e si manifesta con formicolio o bruciore. Bisogna chiedere al paziente come il dolore si manifesta. Il 48% dei pazienti hanno un dolore nocicettivo ed il 9% un dolore neuropatico, mentre il 43% un dolore misto. Spesso non si può togliere completamente il dolore, la scomparsa di questo è un obiettivo non sempre raggiungibile.

Il dolore è una percezione soggettiva. Per la valutazione del dolore nelle persone che non sono più capaci di esprimersi, esistono scale come la scala doloplus e painaid, dove si osservano la respirazione, l’espressione del volto, il linguaggio del corpo e altre cose. Il dolore si valuta al momento della presa in carico del paziente, ad intervalli regolari, ogni volta che ve ne sia la necessità, dopo la somministrazione della terapia antidolorifica, prima di un intervento (p.e. medicazione di una piaga da decubito). Ad ogni quantità di dolore corrisponde un trattamento diverso. Le strategie terapeutiche consistono nel somministrare la terapia di base ad orari fissi e per la via meno invasiva e più accettabile per il paziente, nel prevedere una terapia del bisogno, nel personalizzare la terapia verso la dose minima efficace e nel porre attenzione ai dettagli.

Il medicinale più vecchio è l’oppio. I FANS (Moment, Toradol, Brufen, Oki,…) agiscono a livello periferico ed hanno un effetto tetto (andando oltre la dose indicate non si ha un effetto maggiore, ma più effetti collaterali). I FANS non vanno associate fra di loro, ma possono essere somministrati in combinazione con gli oppioidi o con paracetamolo. Il paracetamolo (Tachipirina,…) ha un effetto antipiretico e analgesico. La morfina fa parte degli oppiacei, la codeina si trasforma in morfina passando per il fegato. La morfina viene spesso vista come “l’ultima spiaggia”, ma non è così. Gli oppiacei distruggono il dolore, ma non il paziente. Esistono oppiacei tra l’altro in forma di fiale, di compresse e di cerotti. I cerotti non dovrebbero essere tagliati, e nessun farmaco oppiaceo va schiacciato o tritato. Inoltre gli oppiacei non si associano. Bisogna ricercare il dosaggio, cioè la giusta posologia e dose giornaliera, la via ottimale di somministrazione ed il controllo degli effetti collaterali. Questi possono essere nausea, stitichezza e ritenzione urinaria.

Meno del 20% dei pazienti guarisce, mentre l’80% della medicina è cronicità, perciò bisogna intensificare la cura palliativa dei sintomi e utilizzare le risorse meglio. I soldi spesi per una chemoterapia p.e. basterebbero per pagare un medico, che cura i pazienti a casa. L’ospedale infatti è il luogo peggiore per morire, perchè è un ambiente estraneo al paziente. I medici dovrebbero essere più umili e chiedere consiglio. Le decisioni dovrebbero essere prese assieme (medici, pazienti, parenti) per evitare il burnout che deriva dal fatto di dover subire decisioni non condivise.